Cosa sono gli asana?
Lo yoga fisico: gli asana sono «posizioni». Asana deriva dalla radice sanscrita as, “stare”, “sedere” con il tempo tradotta in “stabilirsi in una posizione”.
Quando parliamo di yoga oggi, soprattutto in occidente, immaginiamo delle posizioni a volte bizzarre senza sapere che gli asana rappresentano la prima tappa dello Hatha Yoga e la terza nell’Astânga Yoga di Patañjali.
Gli asana dunque hanno una sorta di “funzione introduttiva”, il principiante che si avvicina allo yoga comincia dal corpo, che nello yoga è una sorta di contenitore del Sé individualizzato, per poi occuparsi della mente. Il corpo è un mezzo attraverso il quale l’anima, o lo spirito, fa un’esperienza mortale.
Gli asana servono a mantenere questo veicolo in salute, donandogli forza e vigore.
È confermato infatti che una pratica costante degli asana agisca sul corpo in modo vigoroso: il sistema nervoso viene tonificato con una conseguente diminuzione dell’ansia e un miglioramento del sonno e della respirazione; il sistema endocrino e cardiocircolatorio vengono riequilibrati, il sistema digestivo viene fortemente potenziato con una disintossicazione progressiva di fegato milza e intestino. L’energia generale del corpo aumenta e i benefici già dopo brevi periodi di pratica sono percepibili.
Lo yoga fisico: gli asana sono la prima fase del processo meditativo
Le posture precedono pertanto le successive fasi dello yoga che Patañjali descrive come:
Pranayama: esercizi di respirazione mirati al controllo del respiro. Il respiro è la prima fonte di prana, energia vitale, per il nostro corpo. Gli yogin sostengono che assorbiamo una giusta quantità di prana dal mantenimento di una buona respirazione. Il pranayama armonizza il respiro individuale con il respiro cosmico.
Pratyahara: ritenzione dei sensi dagli oggetti esterni. Si tratta di una forma di raccoglimento in se stessi e di distacco dall’esterno. Questo è uno dei motivi per cui lo yoga si pratica mantenendo gli occhi chiusi, in alcuni casi anche durante l’esecuzione degli asana.
Dharana: concentrazione, la capacità di fissare la coscienza su qualcosa.
Queste fasi possono essere raggiunte anche durante l’esecuzione di un asana e penserai che siamo già in una condizione di piena meditazione, in realtà negli Yoga Sutra di Patañjali si parla di altre due ulteriori fasi che potrebbero corrispondere alla meditazione vera e propria, al distacco, all’andare nel profondo:
Dhyana: in cui il soggetto è in un flusso costante e ininterrotto verso l’oggetto della meditazione
Samadhi: l’assorbimento della coscienza individuale nel Sé cosmico, l’unione con l’infinito.
Caratteristiche dello yoga fisico: gli asana come «posture stabili e confortevoli»
Patañjali negli Yoga Sutra continua a descrivere gli asana specificandone alcune caratteristiche ad esempio parla di “postura stabile e confortevole”. “Stabilità”, in questo caso, non è solo stabilità della posizione, ma si riferisce alla stabilità del corpo e della mente intesi come un tutto. Si può essere stabili sul piano fisico ma non su quello mentale e lo yoga ha l’obiettivo di colmare questo divario, di abbattere la dualità corpo e mente.
Il concetto di stabilità nella pratica si traduce con l’immobilità del corpo. Nell’Hatha Yoga, come nello yoga antico in generale, gli asana vengono svolti mantenendo una posizione statica per alcuni minuti, proprio per favorire l’attivazione del processo meditativo.
Patañjali parla di una posizione che si realizza grazie al “rilassamento dello sforzo e all’incontro con l’infinito”.
Quando il corpo nell’esecuzione dell’asana non prova più fastidi, non percepisce più le tensioni allora può abbandonarsi. L’idea di fondo è che con la pratica dell’asana il corpo si rilassi a tal punto che lo yogi cessa di esserne consapevole e la sua mente è diretta verso la meditazione, non ha più le distrazioni derivate dai disturbi del corpo.
Quanti asana esistono? E quanti ne dobbiamo imparare?
In conclusione ecco dove emerge la varietà dello yoga fisico: gli asana nei testi classici di Hatha Yoga si riferiscono a 84 asana insegnate da Shiva e considerano le prime 4 necessarie al raggiungimento dell’unione con l’infinito, tutte svolte in posizione statica e seduti. Tuttavia nella Gheraṇḍa Saṃhitā vengono raccolte 32 asana, e nell’Hatha Yoga Pradīpikā ne vengono raccolte 15. Attualmente il governo indiano ha documentato fino a 1500 asana. Non dobbiamo dimenticare che l’India è quasi un continente ci sono moltissime sottoculture, le tradizioni spesso sono state tramandate oralmente ed è molto difficile entrare nei dettagli dei differenti stili di yoga figuriamoci dei singoli asana! Quello che è bene ricordare è la loro funzione, il loro obiettivo che non è solo legato al benessere del corpo ma come abbiamo potuto percepire a un percorso interiore più profondo.
Quello che posso consigliarti dunque è di concentrarti poco a poco sull’apprendimento dei singoli asana, non avere fretta di imparare tutto velocemente, concentrati sulle posizioni principali cercando di far abituare il corpo andando sempre più in profondità. Gli yogin non sono contorsionisti! Possiamo raggiungere i più profondi benefici dello yoga anche stando seduti nella posizione del loto, datti del tempo e impara a conoscerti passo dopo passo.
Laureata in Marketing delle arti figurative e successivamente in Design, lavora da anni nella strategia d’impresa e nel Branding. Dall’età di quindici anni pratica yoga e altrettanto precocemente ha inizio la sua attività artistica, soprattutto nel design della moda e nell’illustrazione.
Nel corso degli anni decide di concretizzare le proprie passioni con una formazione specifica acquisendo le qualifiche di: Counselor specializzata in Terapia della Gestalt, Naturopata, Insegnante di Mindfulness specializzata in empowerment aziendale, Arteterapeuta, Sofrologa, e Insegnante di yoga certificata CONI e Alliance.
Oggi è fondatrice del metodo e del progetto the YOGART.